Biografia 1980-1987
1911-1949 - 1950-1959 - 1960-1969 - 1970-1979 - 1980-1987
1980
E’ un altro periodo nero. La “Trattoria degli Studenti” chiude, e anche sfortunatamente la sua baracca con tutta la favela di Trastevere viene abbattuta per costruire delle scuole. Alle famiglie viene assegnata una casa, ma a lui no perché e single, non ha famiglia. A settembre si ritrova disperato nella strada.. Uno degli studenti, Marco Cinque lavora al “Cul de Sac”: provvederà almeno al cibo e a qualche altro piccolo aiuto in danaro.
1981
Pietro torna a Roma da un giro di concerti e trova D. disperato e ridotto in pessime condizioni sotto la propria porta di casa (ora Pietro vive da solo, in una piccola stanza 3m.x4m. al Testaccio); lo ospita per un breve periodo, ma vivere in uno spazio di 25mq. con l’avvolgente presenza di D’Artagnan - un fiume meraviglioso di parole, idee, sogni, visioni, ironie, scherzi, scatti nervosi a un metro di distanza a tutte le ore del giorno - è pressoché impossibile. E allora Pietro decide di cedere per lui, a metà, concordemente con i membri del gruppo di musica contemporanea “Spettro Sonoro”, lo studio prove di Via degli Zingari, 52, vicino al Colosseo. Il 4 aprile ’81 viene trasportato da Pietro e Pino Gallina con le sue valigie e scatole varie, un lettino, coperte e materasso nello studio prove. Il gruppo doveva dividerlo con lui ogni volta che ci fosse stata una prova: D. doveva uscire e tornare alla fine delle prove, in genere 2-3 o 4 ore al massimo. Vi si trovava bene nello studio, anche se molto umido; proprio lì, nell’81, produce alcuni bellissimi quadri.
1982
Partecipa di nuovo alla Mostra di Via Margutta ma come esterno “fuori cartello”: è messo in un angolo scostato dagli altri perché non ha i soldi per l’iscrizione. Riceve però una bellissima critica da un artista, Domenico Cerutti. Ne esistevano altre ma sono andate perdute. Lentamente, passando il tempo, D. non è più disponibile ad uscire dalla sua casa studio divisa a metà con il gruppo di musica; nel momento (ormai raro) delle prove ha paura di uscire e di essere “arrestato dai mascalzoni criminali della D.C…della CIA, del KGB.”, e poi lo studio era stato trasformato in un ordinato locale, con tanto di filo con panni stesi, e zeppo di materiali e oggetti; Così, in quello scenario surreale, non si potevano più invitare cantanti o direttori esterni, secondo la maggioranza dei membri.
1983
Non potendosi far più prove il gruppo di musica con votazione a maggioranza lascia il locale terminando di pagare l’affitto. Continua per qualche mese a pagare Pietro, aiutato da Guido Zaccagnini e Franco Presutti, sempre membri di “Spettro Sonoro”, ma in minoranza; ciò alfine di aver tempo per trovare un’altra sistemazione. Se ne trovano alcune, ma sempre rifiutate da D. perché non di suo gradimento in quanto facili da poter essere attaccate da Carabinieri e Forze Speciali di P.S.; oppure i vicini della casa trovata erano tutte spie, gente inaffidabile. E’ ormai al delirio, comprensibilissimo per una vita tanto avversa. Così si finisce di pagare l’affitto il 31/8/83. D. rimane nello studio altri tre mesi senza pagare, perché si è fissato di non vendere quadri e quindi non ha soldi; molti lavori li distrugge perché “potevano essere decifrati” in quanto contenevano messaggi segreti destinati a persone che potevano salvarlo, tra le quali anche Fellini. Sì, perché dietro “il divino maestro” i suoi nemici avevano chiuso tutte le porte di comunicazione. Violento e irascibile come non mai, gridò di essere stato tradito per milioni e milioni di lire dagli amici più cari. Si giunge allo sfratto presenti i membri del gruppo di musica. Non rifiuta però l’invito del suo amico Pietro per esser trasportato in un alloggio di fortuna e mettere in salvo le sue cose in una grotta del Monte Testaccio, di Pietro Feliziani, artigiano, costruttore di botti. Le sue valigie rimasero fino alla morte in quella grotta e anche dopo. D. negli ultimi anni le controlla di tanto in tanto, coprendole meglio, con sacchi di plastica della Nettezza Urbana. Dopo la sua morte due contenitori si sono completamente rovinati con le infiltrazioni di acqua, distruggendo tutto quello che ci stava dentro. Fu buona opera di Sandro Righi e di sua moglie Yvonne che erano già in possesso del locale e vi subentrarono totalmente dopo la morte del bottaro Feliziani e quella di D. quasi contemporanee, a salvare il resto.
1984/87
Dipinti di questo periodo tranne due tre piccoli disegni, non esistono più. Ne aveva fatti pochissimi - molti li aveva distrutti - ed erano quelli che stavano nei contenitori rovinati dall’acqua. D. non può né vuole più avere più un luogo fisso proprio, duraturo nel tempo; fugge di luogo in luogo come un animale braccato da lupi. A di 75 anni, senza più nulla era difficile vivere in un Italia che diventa cinica, edonista ed egoista. In più i momenti di follia negativa e autodistruttiva di D. superano quelli sereni. Sì, è vero che tutte le porte sono veramente chiuse per lui, ma è anche vero che non accettando di sottostare alle nuove regole sociali è sovente lui stesso che si sbatte la porta in faccia quando ne trova una aperta. In questi ultimi anni teme di essere ucciso in ogni luogo e non dice nemmeno dove dorme o dove si rifugia. Nell’85 gli amici cercano di stabilire dei contatti con D. che spesso vanno bene, quando lo si invita a cena e quando gli vengono elargiti dei soldi, ma dove dorma non viene detto. Sembra in una scuola vuota di Suore in Viale Trastevere. Però poi, un anno prima della sua morte il 5/3/86, Pietro riceve una lettera in cui è scritto che egli ha firmato la condanna a morte di D. per “centinaia e centinaia di milioni” perché lo stesso caro amico avrebbe negato che egli era il vero figlio di Toscanini. L’ultimo periodo è terribile; D. è un uomo che va in giro per Roma con un fioretto e un bastone avvolti nella carta di giornali pronto ad aggredire, ma anche pronto di nuovo al sorriso se lo si stava ad ascoltare. L’amico Pietro lo lascia il 9 agosto del 1987 per un viaggio di tre mesi negli USA. Quando torna viene a sapere che D. è stato raccolto nei pressi di Via Bezzi al Trastevere, denutrito, buttato là in un angolo della strada, moribondo. Portato all’ospedale Forlanini, il giorno 13 ottobre, riesce a riprendersi, ma appena un poco cosciente rifiuta ogni tipo di cibo perché dice essere avvelenato e anche rifiuta ogni macchinario per controlli pensando siano macchine di morte… mentre sta morendo! Viene sottoposto a visita psichiatrica con un responso negativo di semplice “psicosi cronica”. Spirerà il 23 ottobre 1987 per collasso cardiocircolatorio a seguito di rifiuto di cibo e del relativo devastante deperimento organico. All’anagrafe il falso cognome “stinelli” Michele è di una persona che risulta oggi ancora viva; all'ospedale, trovatagli in tasca la tessera di attore che portava sempre con se, fu registrato come Michele Lombardi. Con la morte tuttavia D. è riuscito a vincere la sua battaglia sul suo nome di famiglia sempre richiesto e mai concesso dalle istituzioni e dai tribunali.Vi è dunque un bizzarro finale: Michele"Stinelli" è nato e risulta ancora in vita, Michele Lombardi che non è mai nato risulta essere morto, secondo l'atto di decesso dell'Ospedale Forlanini e per il registro del cimitero di Prima Porta, dove le sue ossa sono state gettate in una fossa comune.* I dati che formano questa biografia sono stati estratti dai documenti, dalle fotografie, dal retro dei dipinti, dalle copie di lettere e dagli scritti originali trovati nelle sue valigie rimaste quasi intatte; il resto è dato dagli articoli dei giornali, dai libri di cinema e dalle testimonianze di vita vissuta insieme a lui da P.G.